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la soluzione del problema, non avrebbe più a cercarsi. Quello che resta a fare, ai suoi successori, è evidentemente di camminare sulle di lui traccie, ma non in modo servile, e in certa qual guisa plagiario, giacchè i concetti di un uomo politico appartengono a lui solo e difficilmente possono essere da altri applicati. Principio questo, della verità del quale sarebbe necessario si persuadessero coloro degli Italiani (e son numerosi), i quali sembrano rinfacciare tutto ai governanti che presero in mano le redini del potere, di non essere altrettanti Cavour; quasichè non si sapesse che i genî di quella levatura sorgono di rado nel mondo, e che il proporsi di poggiare così in alto quando non si hanno ali abbastanza saldi per elevarvisi e sostenervisi, sia follia per tutti, e a più forte ragione per coloro che hanno tra le mani i destini delle nazioni.





Scrivere la vita di un Senatore di nazione entrata di fresco a trattare de’ suoi interessi civili e de’ politici col magistero de’ suoi migliori non dovrebb’essere arduo nè lontano, pure mi perito io che di Luigi Sanvitale conte di Fontanellato vorrei discorrere, avvegnachè breve essere debbo, non consentendo prolissità il libro che de’ membri del Parlamento italiano raccoglie memoria, e mi conviene pur dire per quali meriti gli si degnasse l’onorevole ufficio e per quali argomenti a meriti pervenisse. Il nome suo è modesto perchè le ambizioni furono streme, e l’opera spontanea come da natura o inclinazione, volle essere più che parere, contento della soddisfazione della coscienza. Mite il carattere fu inclinato nel collegio Tolomei in Siena agli studî delle polite lettere che anche i rudi spiriti ingentiliscono, i delicati sublimano, e l’esempio del genitore chiaro in suo paese e fuori per nobili