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dura fosse la condizione d’Italia ed instabile e travagliata, e quanto il potere dell’Austria oltrepassasse oramai perfino i confini indicati da’ trattati stessi del 15, ed annullasse tutti gli altri governi minori d’Italia. E partendo lasciò e diresse all’Inghilterra e alla Francia un memorandum in cui ripresentava, colla sua chiarezza di concetto e di frasi, le miserie e i pericoli della sua patria; e, non uscendo dal giro dvi diritti riconosciuti e legali, proponeva i rimedii a’ mali più urgenti. In questo memorandum, nel quale il Cavour mostrava il dominio esercitato dall’Austria sui governi di Parma, di Modena, di Toscana e di Roma, e proponeva, come soluzione provvisoria della quistione romana, la separazione amministrativa delle Romagne, non era certo chiarito il pensiero finale del Cavour, ma vi si vedeva di che maniera egli intendesse procedere. Egli non ha una soluzione inflessibile nella mente, la quale ha necessariamente ad esser quella; e quando non vi si possa arrivare d’un tratto, ogni altro palliativo si deva piuttosto ricusare, per la speciosa ragione, che tutto ciò che modera un male, rendendone meno acuto il dolore, renda insieme meno urgente il bisogno di risanarlo affatto. A lui pare invece che il meglio sia nemico del bene, e non crede, come molti credono, che un passo fatto in avanti accresca, anzichè diminuire il cammino.

«Gl’Italiani ebbero tutti grado al Cavour della difesa presa di loro davanti a chi soleva prima sorridere a’ loro dolori, e persino ghignare. Da quel punto il nome suo divenne grande nella Penisola; e parecchie medaglie gli furono offerte per sottoscrizione pubblica da parecchie parti d’Italia, ed un busto dai Toscani colla leggenda:

Colui che la difese a viso aperto.

«Egli, di ritorno da Parigi, spiegò i risultati ottenuti dalla sua politica sino allora; e parecchi de’ suoi oppositori i più fieri si strinsero d’intorno a lui, e cedettero, persuasi cogli effetti della bontà della causa. Nè mancò di far sentire quanto più radicale ed aperta