Pagina:Calani - Il Parlamento del Regno d'Italia, vol 2.pdf/254


– 640 –


Poi, accompagnato da due uomini colla bajonetta spianata e da un altro colla lanterna, s’avviò nei corridori. Tanto ardire stupefece i riottosi, che tosto corsero alle camere loro, spogliandosi e coricandosi. Il colonnello visitò i letti, esaminò il volto dei soldati, rischiarato dalla lanterna, tutti gli occhi erano chiusi. Il reggimento era fatto; chi aveva tanto potere era sicuro di condurlo a sua voglia. Infatti nel marzo del 1849 il colonnello riusci a condurre in campo il suo 23.°, il quale doveva in quella lotta infelice operar fatti che lenissero l’amarezza di tanti altri. Il 23.° venne destinato a far parte della seconda divisione comandata dal general Bes.

«Gli Austriaci, varcato il Ticino a Pavia e nelle vicinanze e non trovando seria resistenza alla Cava, continuarono la marcia per volgersi poi a destra e dar battaglia all’esercito Sardo vicino a Novara. Accortosi, benchè tardi, di questo piano, il comandante supremo del nostro esercito fece che le divisioni piemontesi si accogliessero con sollecitudine fra Mortara e Vigevano; per la qual cosa, toccando alla seconda di collocarsi innanzi di questa città, prendeva posizione alla Sforzesca.

Ivi trovavansi il 17.° e il 23.° di linea. Prima di cominciare il fuoco, Cialdini tenne un discorso alle sue truppe, e talmente seppe eccitarle con lo stimolo dell’onor militare e nazionale, talmente metterle in pensiero colla minaccia di terribile rigore, che, emulando il 17.°, assalirono due volte il nemico alla bajonetta e lo fecero indietreggiare. «Il 23.° e il suo bravo colonnello Cialdini, dice il duca di Dino nel suo libro sulla campagna del Piemonte nel 1849, si comportarono in modo degno d’elogi. Il colonnello Cialdini è abituato a riceverne sul campo di battaglia, e sebbene ferito gravemente a Vicenza da una palla che gli passò il basso ventre, e non guarito da questa ferita crudele, nondimeno marciò sempre in prima fila.

«E non era effettivamente guarito; pochi giorni dopo scriveva a suo zio che lasciando il letto, trattenutovi dall’esasperata ferita, era montato a cavallo; ma il suo 23.° ignorava di avere alla testa il proprio colonnello quasi morente.»