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resistenze; il duca di Savoja, il duca di Genova facevano audacemente il debito loro; ma tutto fu indarno. La ritirata divenne una necessità inevitabile. Il Re col suo stato maggiore persisteva nell’estremo pericolo; e già era sfilata dietro lui pressochè intera la truppa che copriva la prima linea di difesa, quando io vidi essere più che tempo che il Re si ritraesse dalla folla che si agglomerava in disordine sulla grande strada. Resisteva ancora, quando una grandinata di mitraglia fulminò quelle masse in ritirata sulla medesima, in mezzo a cui si muoveva lentamente il Re col suo stato maggiore. Il pericolo era imminente. Ci trovavamo all’altezza della chiesuola della Bicocca, dove essa fa un angolo rientrante e serve egregiamente di riparo. Mi accostai al Re involto in una nube di polvere trascinato in quel rimescolio di carri travolti, di cavalli abbattuti, di feriti, di morti e di fuggenti, e spingendolo rispettosamente Io feci piegare verso sinistra dietro l’angolo della chiesuola. Fu allora ch’egli mi disse mestamente, ma con viso sereno:

«— Tutto è inutile, lasciatemi morire, questo è l’ultimo mio giorno! parole che i giornali dell’epoca riferirono testualmente. Aggiungerò che a più riprese, durante la battaglia, ogni volta che i nostri sgominati ripiegavano, e rinfrancati si spingevano avanti e ripigliavano le perdute posizioni, si vedeva il suo volto, che durò quasi sempre impassibile durante quelle quattro mortali ore, come riaprirsi ed esilararsi alquanto, sussurrando in voce sommessa e rivolgendosi a me:

«— Bene! bene! almeno salviamo l’onore della divisa!

«Alla seconda ripresa delle nostre posizioni, il Re parve avere un lampo di speranza, e me lo esternò; gli risposi die gli Austriaci avevano ancora delle riserve e die le impiegherebbero certamente prima del cader del sole. Fu pur troppo così; prima delle ore quattro eravamo respinti sotto le mura di Novara e la battaglia era perduta.

«Venuta la notte il Re si ritrasse sui ripari della città, dove assisteva al riordinamento dell’esercito sotto