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dere che quelle vaghe parole di fortuna dell’armi, di sbagli dei nemici, di santità della causa nostra, le quali ben gli rivelavano la nessuna, o la tenuissima speranza che io nutriva sull’esito della battaglia. Io aveva letto sul viso dei soldati, al momento che si ritiravano da Vigevano, lo scoramento e la sfiducia. In tutto lo stato maggiore del Re non vi era un uomo che non fosse convinto ch’era giunto l’ultimo giorno. Questa persuasione era generale; di là quella mollezza, quel difetto di slancio, quel contegno riservato e cupo degli uffiziali e dei generali, quelle mosse fredde della truppa, che sono i segni precursori infallibili delle sconfitte.

«Appena entrati collo stato maggiore del Re sull’estrema linea dell’azione verso la strada della Bicocca, una cannonata ci uccise l’uffiziale di scolta dei Carabinieri. Due reggimenti cominciavano a piegare, furono surrogati da altri e si continuò il combattimento con varie vicende. Le divisioni austriache si succedevano per rinfrescar la battaglia, noi riservammo, e inutilmente, una divisione intera, e fu grande errore. La battaglia durò indecisa fino alle tre pomeridiane. Io non mi separai mai un momento dal fianco del Re. Riceveva con un mesto sorriso gli uffiziali che venivano a recargli notizie favorevoli di quanto si operava sulla nostra destra. Ma lo sforzo principale gli Austriaci lo tentarono e lo effettuarono sulla strada principale che dalla Bicocca conduce a Novara. È là e in presenza del re Carlo Alberto che fu fatto l’estremo sforzo, a cui non si potè opporre sufficiente resistenza, e nè anche tentare l’estrema fortuna col mettere in piena e opportuna azione una divisione di riserva.

«Un nuovo corpo austriaco sottentrò verso le tre; fino allora si erano perdute, riprese, riperdute e riprese le posizioni di fronte alla Bicocca. Ma le sorti declinavano visibilmente. Il generale Perrone, grondante di sangue, per una ferita mortale ricevuta nella fronte, venne condotto barcollante dinanzi al Re, a cui diresse alcune parole interrotte e inintelligibili. Il re lo confortò con parole amorevoli e dolci modi. Intanto radoppiavano gli sforzi austriaci, raddoppiavano le nostre