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fettuosità, crescendo quella commozione dell’animo, onde sogliono svolgersi le spere più puramente gloriose dell’umano ingegno.»

Intanto egli aveva tirato innanzi interpolatamente il romanzo Niccolò de’ Lapi, dopo aver fatto una lunga dimora in Toscana per ben vedere i luoghi ove si svolgevan le scene di quello. Stampatolo, ebbe una riuscita felice quanto l’Ettore Fieramosca, e se forse al leggitore meno profondo e sapiente non piacque in tutto quanto il primo, al culto pubblico gustò forse anche di più; giacchè i pregi storici di quel libro sono de’ più segnalati.

Fino ad ora abbiamo veduto l’Azeglio sotto i due importanti aspetti di pittore e di scrittore; ne resta a mostrarlo dal lato politico e militare.

Tutte le produzioni dell’ingegno del nostro protagonista ce lo hanno di già mostrato penetrato d’amor patrio e disposto più ch’altri mai a dedicarsi a tutt’uomo al rigeneramento italiano. Vediamo come entrasse con animo risoluto nelle aspre ed ansiose vicissitudini del cospiratore.

«Nel 44, dice egli stesso nelle sue memorie, lasciai Milano per prendere il mio domicilio sulla strada maestra. Già conosceva assai bene l’Italia, e per questa conoscenza, considerate le condizioni politiche estere e nostre, mi pareva di sentire nelle viscere della penisola quel rombo che nei vulcani annuncia le grandi eruzioni, Gregorio XVI era vecchio, e sapevo immancabile alla sua morte una di quelle tante convulsioni che afflissero sempre le Romagne sotto il dominio dei papi.......

«L’idea ch’era venuto a me, era venuta anche ad altri d’Italia. Molti fra quelli che, avendo preso più o meno parte alle rivoluzioni passate, avevano però abbastanza cervello per conoscerne il vizio radicale, desideravano di lasciare la via vecchia, ma si sentivano impotenti a trovarne una nuova. Da varie parti dell’Italia media ne vennero eccitamenti ad eseguire il medesimo disegno, che aveva già immaginalo, con la differenza ch’essi mi proponevano di divenire una specie di Grande Oriente di tutte le società più o meno