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L’Azeglio rimase dieci anni sul nostro orizzonte, e lasciandoci tramontò senza sparire. A lui la bella e seconda gloria che si può dire l’aurora boreale dell’ingegno. Dal 1831 al 1841 non v’ebbe esposizione che non fosse ricca e splendida di opere del suo fecondo pennello. Agli studi della viva natura, condotti nell’Italia inferiore, erano allora riscontro gli studi fatti nelle sue corse e dimore per l’Italia superiore, tra i quali son da notare quelli di val Brembana nel suo soggiorno alle acque di San Pellegrino, e sopratutto quelli lungo il lago di Como, dove a Loveno aveva preso stanza, anzi erasi creato un piccolo Tuscolo, certo non meno ampio d’aere e ridente di quello che s’immortalò della sapienza di Tullio. E le rive del Lario davano ispirazione e soggetto a dieci quadri, tra grandi e piccoli, dell’esposizione del 1833.

«Se non che egli che sentiva tanto il bello della natura e si poteva contentare della poesia d’affetti e d’immagini che ne traeva, era trasportato dal suo grande auimo e dall’alta fantasia ad animarla delle passioni e degli eroismi dell’uomo. Dandosi al paese istorialo. non solo metteva il piede nel terreno più suo, ma eziandio nel terreno più fertile e promettente e più nuovo nell’arte nostra. Nel concetto complessivo e nell’animazione della natura egli vinceva così i suoi stessi maestri. Certo ch’egli cedeva al Poussin nella trasparenza dei cieli e nell’onda dei terreni sfuggenti; si desiderava il frondeggiare mosso, ricco e vario di Claudio; non ritraeva così maestrevolmente come il Rosa, le parli aspre e rocciose; ma quella sua fusione di natura e di storia, di arte e di poesia, la santa ispirazione di umanità e di patria davano un incanto nuovo ed unico ai suoi dipinti. L’indole dei soggetti facea prepotente l’incanto, ma quell’indole era contemperala al suo spirito e ai suoi veri aneliti cui veniva consentendo l’universale degl’Italiani. Chi rammenta i divini palpiti del ridestarsi degli anelli di libertà e di patria in Italia, può immaginarsi con qual animo venissero riguardati quei dipinti così grandiosi di forma, così robusti ed arditi dì tono e di tocco, che raffiguravano il combattimento di Barletta, ripetuto