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un discreto schioppo a due tiri in mano, la Camiciuola su una spalla, come gli eleganti di Marino, e via in campagna.

«Giunto sul luogo del lavoro, che talvolta era distante assai bene, cominciavo l’apparecchio, non breve, tanto più se era giornata nella quale convenisse premunirsi contro il vento. Ecco come si fa. Prima fissar l’ombrello, e raccomandarlo con lunghi spaghi a qualche ramoscello pieghevole onde consenta, e non si strappi ad una ventata. Poi piantare il cavalletto e suvvi la tela, legati ambedue ad una corda che tiene sospeso un sasso fra i tre piedi, acciò non facciano anch’essi un volo (una volta sotto l’Etna il vento mi portò via fin la cassetta, che non è una paglia). Poi metter la colazione in salvo dai formiconi, il bere in fresco, se si può, e finalmente sistemare il ciuco, che non se la colga mentre lavorate.»

Nel mentre ch’ei così si dedicava a tutt’uomo all’apprendimento di un’arte nella quale non doveva tardare ad eccellere, non si ristava dagli studi letterari e dal coltivare alcuni degni personaggi, la cui sapienza pareggiava l’amore che nutrivano per la patria italiana. Sembra che fosse a cagione appunto della dimestichezza colla quale l’Azeglio viveva insieme ad essi, quando le sue escursioni pittoriche noi riteneano lungi da Roma, ch’egli venne preso in sospetto dalla polizia, nel modo ch’ei curiosamente narra e che ci sembra dover citare qui appresso:

«Io era a Roma tutto tuffato nei miei studi, giovine affatto, tanto non mi pareva potesse portare il pregio di mettermi in linea di cospiratore. Tuttavia fui iscritto nel libro della polizia. Un giorno, con mia gran meraviglia, ebbi invito da monsignor Bernetti, governatore di Roma, che fu poi cardinale, d’andare al palazzo Madama. Questo prelato, amico alla mia famiglia, avendomi conosciuto bambino, stava in qualche ansietà di quel che potesse seguire del mio esame alla polizia. L’interrogatorio si fece nelle forme legali, presente un assessore, che ne stese processo verbale. Non si trattava che d’inezie e non mette conto parlarne. Quando si pose fine all’esame, ed io