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vour parlò breve e senza ambagi; Sineo e Valerio furono impetuosi. Brofferio orò senza farsi applaudire, il che era segno che non v’avea pubblico per lui. Ma l’adunanza si fece poscia così tempestosa, che convenne separarsi senza aver nulla concluso. In altra ragunata tenutasi pochi giorni dopo, fu agitata altra gravissima questione. Durava in officio ed aveva ancora grazia appo il Re quel Barelli, che ad ogni passo dato nella via della libertà, adombrava e impauriva. Il Re credevalo volentieri, benchè non lo amasse, e costui andavagli rappresentando come i popoli sabaudi, in generale, non fossero per anche maturi a quelle più larghe istituzioni che la parte esaltata (accennava a quella del d’Azeglio) voleva di presente largir loro. Era necessario vincere il mal effetto delle imprudenti parole. Fu perciò determinato doversi tentare un colpo ardito, adunando in un vasto pronunciamento l’eletta della cittadinanza, non solo della capitale, ma dei municipii della provincia. A cotale dimostrazione sarebbe commosso il governo, persuaso il Re, cessate le sue irresolutezze. Fu fermato all’esecuzione il di 27 febbrajo. Ma l’indicare il da farsi era poco, quando incerto era lasciato il modo, incerti gli operatori. Molti proponevano, ma nessuno voleva tentare, quando fu chiesto all’Azeglio di porsi a capo dell’opera nazionale: esser egli, si diceva, già stato a capo delle due dimostrazioni anteriori del novembre e dicembre del 1847; avergli la riuscita impresa della emancipazione acattolica e israelitica procacciata buona nominanza nel popolo: esser egli conto nella città e nelle provincie, conto al Re per antica devozione e famigliarità, al governo per politica temperanza, alla cittadinanza per energia di volere e di propositi; il porsi egli a capo del popolo, importare ne fossero rimossi uomini avventati e fautori di disordini, che si sapevano aspirarvi e dai cui eccessi potessero guastarsi i disegni della parte pensante e moderata: sotto la sua iniziativa, più probabile il buon esito, perciò non poter egli non arrendersi alle, generali istanze in così gravi contingenze. Cedette l’Azeglio a un dovere patrio e acconsentì; scrisse subito una circolare ai municipi, acciò, con quanti più potes-