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lità ei prese parte attiva a tutta la campagna, nel corso della quale ebbe più d’una occasione di distinguersi, sì che dopo la battaglia di Goito il Re il promoveva a maggiore e di sue mani gli metteva sul petto la decorazione dell’ordine Mauriziano. Ma dappoichè seppe gli avvenimenti di Roma e come ogni di più nella capitale del mondo cattolico la piazza signoreggiasse e l’ordine fosse turbato, chiese un congedo provvisorio e vi accorse, arrivandovi il giorno medesimo in cui l’amico suo Pellegrino Rossi cadeva vittima del pugnale di un assassino. Il Minghetti, inorridito e profondamente indignato per quell’atrocissimo misfatto, pubblicò un’energica sua protesta contro di esso, quindi, benchè vivamente sollecitato dal Pontefice per mezzo del Montanari onde volesse subentrare al Rossi in quel gabinetto od in altro di nuova formazione, egli si rifiutò fermamente e ritornossi a prendere il suo posto nell’esercito piemontese.

Dopo la pace, chiese il ritiro, conservando il grado, e tornò a coltivare i prediletti studi, recandosi tuttavia spesse fiate a Torino, ove avvicinava il conte di Cavour e ben presto diveniva familiare di cotant’uomo.

Questi non tardava ad apprezzare l’egregie qualità ond’era fornito il Minghetti e si riserbava, all’occasione di testimoniargli coi fatti qual conto si facesse di lui.

Nè la circostanza tardava molto a presentarsi, che allorquando nel congresso di Parigi, dopo la guerra d’Oriente, il grande uomo di Stato potè riescire a intavolare la questione italiana, si diè premura di chiamare presso di sè il Minghetti onde questi gli porgesse i lumi necessari a trattare a fondo la questione romana nel famoso memorandum presentato ai plenipotenziari europei sulle condizioni delli Stati Pontifici e napoletani. E ognuno che ricordi il discorso pronunciato dal presidente del Consiglio il 25 marzo del 1861, quando le interpellanze del deputato Audinot motivarono la discussione sulla questione romana, non potrà non sovvenirsi come il conte di Cavour nel suo notevolissimo discorso si desse premura di tributare un elogio dei più spontanei ed onorevoli per l’aiuto