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a cui furono dirette un perpetuo ricordo pieno d’ineffabili dolcezze nei giorni dell’esiglio.

Le camere, verificati i poteri, occuparonsi anzitutto del governo da doversi stabilire. I pari votavano vi sarebbe un reggente, Ruggero Settimo, che avrebbe esercitate tutte le prerogative della corona giusta i patti della costituzione del 1812. Intanto i comuni decretarono, e immediatamente approvarono i pari all’unanimità, che il potere esecutivo verrebbe confidato ad un precidente del governo del regno ed i ministri sarebbero responsabili de’ loro atti; le facoltà del potere esecutivo sarebbero tutte quelle che. stabiliva la costituzione del 1812, meno la sanzione dei decreti del Parlamento, la prerogativa di sciogliere ed aggiornare o prorogare le camere, l’intimazione di guerra e la conchiusione della pace; avrebbe ’infine il diritto di grazia per tutti i reali non d’interesse pubblico; Ruggero Settimo il presidente del governo.

Quest’atto di fiducia parla da sè stesso e val quanto un’intera biografia: dice tutto il passato dell’uomo eletto ad unanimità dalla nazione. Può pertanto vedersi quanto sien false le asserzioni di coloro che, scrivendo la storia come vien già loro dalla fantasia senza darsi la pena di constatare i fatti, scrivono il Ruggero Settimo aver avute tutte le prerogative d’un sovrano, e fra le altre quelle appunto annoverano che il Parlamento espressamente si riserbò. Ben è vero che re costituzionale potè dirsi Ruggero Settimo durante quel periodo rivoluzionario, ma perchè il popolo aveva in lui meritata fidanza, e non per decreto delle camere, secondo asseriscono quasi tutti gli autori francesi che hanno scritto de’ nostri nazionali rivolgimenti. Modesto, quanto illustre, il presidente del governo del regno volle addebitare la sua nomina, anzichè ai propri meriti, piuttosto ad un sentimento di gratitudine che sentivano i rappresentanti del paese per gli uomini de’ primi giorni, per coloro che guidarono la somma delle cose nei momenti supremi delle barricate. E quindi per non restar solo egli del bel numer uno e per corrispondere a quello ch’ei supponeva fosse voto della nazione, mentre era effetto della propria modestia, chiamò al mi-