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In seguito andaron le cose vieppiù sempre a capo giù; e quindi cattivo umore contro gl’inglesi, prorogamento intempestivo delle camere e pertinacia nell’avversare il gabinetto.

Ritornò Bentinck, il Parlamento continuò a tener fermo nel rifiutare i sussidi, venne prorogato da capo e finalmente formossi un terzo ministero.

Dopo molte conferenze all’uopo tenute presso lord Bentinck, nelle quali Castelnuovo rifiutò ricisamente di salire al potere senza Belmonte, vennero chiamati ad amministrare gli affari Gaetano Bonanno per le finanze, il principe di Carini all’interno, il principe di Villafranca agli esteri e Ruggero Settimo per la guerra; di quest’ultimo, ch’era stato costantemente richiesto di consigli dal plenipotenziario britannico, il nome non soffrì dubbio, tanto per l’intelligenza quanto per la reputazione ch’egli godeva da pareggiare quella di Castelnuovo e di Belmonte.

Il primo atto di questo ministero fu di sciogliere il Parlamento, con cattivi auspici inaugurato e deplorabilmente chiuso. Il paese ne fu commosso ed il governo influì grandemente a non calmare le destate apprensioni, perchè commise irregolarità sopra irregolarità, contro il parere sempre dell’eccellente Ruggero Settimo e dei due consiglieri di Stato, principi di Castelnuovo e di Fitalia. I quali tutti e tre disgustati del procedere dei loro rispettivi colleghi, si ritrassero in disparte e non assisterono più alle sedute di particolari consigli, e solo al ritorno del Bentinck, che frattanto era andato a Livorno, si permisero d’istruirlo minuziosamente del vero stato delle cose.

Come fanciullo di pochi anni cade a terra appena fatti pochi passi, se la balia noi sorregge, così il regime costituzionale inglese inciampava e pericolava ogni qual volta lord Bentinck non era lì pronto a tirar le redini e la briglia.

Si tentò un’amalgamazione, e Ruggero Settimo fu scelto dai partiti come quello che poteva raggiustar meglio le discordie. All’uopo varie conferenze ebbero luogo, ed in una di esse il Belmonte sorse all’improvviso e propose di dirigersi al re, invitandolo di pro-