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A Palermo, capitale del regno di Sicilia, allora non fuso con le provincie del continente, sedeva il general Parlamento dell’isola, alla cui autorità doveva ben tosto allentare la mano di Ferdinando IV, cominciando quella serie di manomissioni e di tradimenti, che si sono trasmessi per eredità nazionale e per indole di famiglia sino al fanciullo Francesco II, il quale negli ultimi giorni del regno di Gaeta non si è mai stancato di promettere e giurare franchigie d’ogni sorta, come già il padre ed il bisavolo.

È necessario rammentare questa posizione politica del paese, non già per compiacerci di rancide autonomie, avvegnachè sappiamo a fondo che se in tempi andati lo stretto del Faro, per mancanza di comunicazioni, potea ben farle veci d’un oceano e separare l’isola dalla terraferma, com’è l’America dall’Europa, oggi al contrario, poichè coi vapori e colle ferrovie vennero abolite le distanze, la Sicilia è in contatto con tutti, vede al cospetto degli altri Stati la propria impercettibile picciolezza e sa benissimo che se arrivasse ad ottenere la vieta autonomia di campanile, finirebbe presto o tardi con ricevere gli ordini dalle rive della Senna, o con dover mandare i suoi rappresentanti politici alle camere di Londra.

Non è dunque con questo scopo che abbiamo voluto accennare alla posizione politica della Sicilia nei primi anni della vita di Ruggero Settimo, ma bensì l’abbiamo fatto con l’intento di delineare in quali contingenze ebbe egli a ricevere i primi insegnamenti, quali prime idee s’impressero nella sua giovine mente e quindi quale dovette essere la sua educazione, la sua cultura, il suo spirito pubblico.

All’uopo è giusto del pari dire come egli sia nato da famiglia nobilissima siciliana, il cui primogenito sedea nella camera alta; come più su dicemmo, non è gran fatto importanza che attacchiamo al rango della nascita o ai quarti d’un blasone, essendo rimasti tali anacronismi soltanto nei salotti delle dame legittimiate di Francia, ma l’è appunto una particolarità necessaria per dimostrare l’ascendente ch’andò egli acquistando sul popolo insulare, il quale pur