Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 87 — |
per cui fu più sollecito a recarsi in casa Ramati ove venne accolto con tutta famigliarità e dimestichezza.
Ermanno frattanto aspettava, aspettava sempre. Da dodici giorni Laura era partita, da dodici giorni ella aveva letta la sua lettera senza nemmeno rispondergli parola. Tutta le mattine correva alla posta colla speranza nel cuore, e ne ritornava oppresso e desolato a mani vuote — Possibile che ella lo avesse assolutamente dimenticato? Possibile che tante promesse e tante lagrime non avessero serbata una traccia nel cuore di lei?
Talvolta temeva di averla offesa colla troppa sincera confessione de’ suoi dubbi; ma non era forse anche quella una prova d’amore? Egli sperava che Laura tenterebbe di disingannarlo rispondendo a’ suoi timori con assicurazioni d’affetto che gli avrebbero fatto un gran bene; ed invece, nulla, nulla affatto; non si degnava di scrivergli una parola.
Invano egli cercava una qualche scusa per giustificarla, ma pur troppo non ne rinveniva alcuna. Quel silenzio rivelava una barbara indifferenza, una crudele dimenticanza.
Un mattino finalmente si realizzarono i suoi desideri. Recandosi alla posta trovò due lettere al suo indirizzo; entrambe venivano da Milano, una la conobbe, era di Paolo; l’altra era quella tanto aspettata di Laura.
Prima ancora di leggerla, Ermanno ne voleva indovinare il contenuto. Si prova gran piacere nel prolungare una dolce emozione! egli bruciava dalla voglia di rompere il suggello di quella letterina; nondimeno volle prima leggere l’altra di Paolo: eccola: