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Amico mio,

10 Dicembre.

«Le mie previsioni si sono troppo presto avverate. Da due mesi sono privo di novelle di Laura. Io non so se questo inqualificabile silenzio, debba ascriverlo a mia colpa; ad ogni modo siccome io non mi dimentico tanto presto del passato, ed ho una spina qui nel cuore che mi opprime, ti prego di dirmi ciò che sai intorno a quella giovinetta.

«Credo che tu sarai ancor di casa presso i Ramati, epperciò ti raccomando di non far sapere ad alcuno di questa mia lettera..... nemmeno a lei; che se alle volte le pesasse alla coscienza la memoria di me, desidero di esser presto dimenticato, acciò non mi tocchi il rimorso di amareggiarla neppure per un istante.

Tutto tuo

Ermanno


A quanto sembra, malgrado il divieto dell’amico, Paolo mostrò a Laura quella lettera.

Sia rimorso, sia pietà, giacchè non oseremmo dirlo amore, Laura fece il sublime sforzo di scrivere ad Ermanno; ma ohimè quale diversità da quella lettera alle precedenti! allora l’amore, la poesia ed il sentimento spiravano naturali ad ogni frase. In tutte quelle pagine scritte senza concetto determinato, si scorgeva il caro disordine che regna ovunque negli epistolari amorosi; quell’avvicendarsi di frasi inconcludenti era fondato sopra una solida base: la fede. —

Ora più nulla di tutto ciò, l’ultima lettera di Laura era di una regolarità quasi commerciale, vi si vedeva lo sforzo ad ogni parola, l’inerzia in ogni idea, e pa-