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rata giovinetta aveva forse perduta ogni memoria durante il viaggio. —
Non ci basta l’animo di narrare la tristezza di quei lunghi giorni di aspettativa angosciosa. Il novembre toccava quasi al termine, ed in tutto quel tempo Laura non aveva trovato modo di mandare un saluto al suo sventurato amico.
La stagione non era più propizia per rimanere in campagna, d’altronde Ermanno aveva già terminata la sua messa, giacchè nel dolore che l’opprimeva era per lui unico conforto quello dello studio. — Ritornò colla madre a Brescia, ove appena giunto s’ebbe incontro con Alfredo dal quale seppe che Laura si trovava in Milano già da dieci giorni.
Un simile procedere, eccedeva ogni limite. Ermanno aveva con tutti gli sforzi trascinate le sue speranze di giorno in giorno, ma ormai non eravi più dubbio; Laura non ricordavasi più di lui. — Per quanto tentasse di calmarsi pensando che egli stesso aveva preveduto questo miserabile scioglimento del silenzio, pure non sapeva darsi pace per la rapidità con cui erano stati dimenticati gli eventi del passato. —
Per poco cuore che si abbia una donna, in simili casi tenta sempre di giustificarsi; è la coscienza istessa che impone quest’ammenda alla fede vacillante; ma non curarsi assolutamente del passato, dimenticare in un punto amore e promesse, è un’atto barbaro, una violenza alle fini cortesie che inspira nell’animo la memoria di una persona che si è tanto amata.
Finalmente Ermanno mal reggendo all’incertezza, e desideroso di avere una spiegazione che lo togliesse da sì penosa esistenza, scrisse all’amico Paolo la lettera che segue: