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d’indovinare che tu verrai. — Il tuo amico signor Paolo me lo fece sperare; deh! fa che sia presto.

«Molte volte parliamo di te colla mamma, e ti assicuro che anch’essa ti vedrebbe molto volontieri: stamane ancora facevamo il tuo elogio ad una signora di Milano amantissima della musica. Insomma per una cosa o per l’altra io trovo sempre mezzo di parlare di te.

«Vieni adunque. Io ti aspetto per dirti tutto ciò che la penna non sa scrivere; vieni per accertarti della fede della tua povera Laura, per dissipare quei tristi pensieri che ti assalgono nella tua solitudine; vieni ad accertarti che io ti amo sempre, e più di prima!

«La tua presenza sola potrebbe riconciliarmi alquanto con questa noiosa città. — Ho bisogno di vederti per svelarti tutte le dolcezze di cui ti sono debitrice, per farti noto il secreto dei miei pensieri. — Tu vedrai la mia camera ove passo le notti sognandomi a te vicina, il mio giardino di cui ogni fiore mi rammenta un sospiro a te diretto.

«Spesso trasportata dalla corrente del pensiero parmi di essere in quello della cugina Letizia, e figurandomi che tu debba venire da me, raccolgo un mazzo de’ miei fiorellini come per presentartelo alla tua venuta. — Li porto nella mia camera, e me li vedo appassire tra le mani senza che tu li ravvivi di un tuo sorriso.

«Serbi tu ancora quel mazzolino che ti diedi quella sera in casa della cugina? Lo spero, anzi ne sono certa. Benchè appassiti quei poveri fiori ti ricorderanno quei giorni felici in cui le nostre mani potevano stringersi, i nostri sguardi favellarsi. —

«Ho sempre sul seno la medaglietta di tua madre, ed ogni sera la bacio con trasporto pregando Dio di