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Febbre salutare.


Quella sera i Gibella si ritirarono presto nella loro camera.

Gaudenzio, sconvolto da quella scenata che gli aveva sconquassato la digestione, si sentiva gravitare sullo stomaco, come un mattone, il pranzo trasmutato in fiele.

Nel momento della zuffa, gli pulsava in ogni fibra una vigorìa leonina, e guai a Dio se non gli strappavano di mano quel malarnese! Ma dopo quella vertigine, gli era piombato addosso un esaurimento, un tremito di convulso che gli tagliava le gambe.

Martina oltre la sfinitezza del digiuno, e lo sconquasso di quel brutto momento, era torturata, tanagliata da quel maledetto dente, che non le lasciava requie.