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Gaudenzio un po’ stizzito, e senza aspettar altro disse alla moglie:

Mi vò de sura. — Martina lo seguì.

La camera con le finestre spalancate, le cortine gonfie, veleggiava nel vento come un bastimento in alto mare.

Gaudenzio livido, rattrappito, sbatteva i denti per il freddo; chiuse i vetri, afferrò il copripiedi sul letto, e si ravvolse le spalle e la schiena in paludamento da romano, borbottando:

Mi vo no crepà del frecc!

Martina si rannicchiò anch’ella sul sofà rimpannucciata nel suo scialle, e per un po’ si scambiarono qualche parola, poi Gaudenzio, blandito dal tepore del suo peplo, incominciò ad appisolarsi, e madama si addormentò addirittura.

Abbasso l’oste, messo in tentazione dal professore, preparò la polentina, e Carlino se ne fece una scorpacciata da non più stare nella pelle.

Il signor Strepponi, sedotto da quel giallo fumante, rinunziò per la polenta alla sua abituale costoletta. I coniugi Segezzi invece non misero bocca su niente; sospiravano l’arrivo della loro Zina.

Era mezzodì... ancora un’ora, e finalmente sarebbero fuori di pena. Sorbirono un brodo nicchiando