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e lanciavano certi sguardi fulminei che a spingerli ancora un poco, figliavano addirittura.
A Oira scese un nugolo di gente.
Sulla spianata fulminava un sole trionfante, rifrangentesi in un tremolìo di lucori guizzanti sul grande speglio del lago.
Oira si allungava con le sue casettine colorite sulla spiaggia, inerpicandosi per un lato su su nel verde ed ombreggiato scenario della montagna.
La comitiva alpinistica imbarcatasi a Orta, si riversò tutta allo sbarco, e le eleganti signorine col loro cappellino brigantesco, l’alpenstock nelle manine inguantate, e gli occhi dardeggianti di letizia e di follia, presero la rincorsa schiamazzando e ridendo dietro ai giovinotti carichi di scialli, saccapani, borracini e bastoni ferrati.
Un signore alto, dalle spalle vigorose, con un cappellaccio da Caruso, capitanava la spedizione diretta sui monti del Varallese.
Gaudenzio e Martina sbarcarono ultimi col loro saccone, e si fermarono sulla spianata, in mezzo al sole, per guardare il battello che già fuggiva portandosi via quel seccatore che non avevano neanche salutato.
— Dove se va? chiese Martina aprendo il parasole.