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sci si trova il parrocco di San Sebastiano a Roma ed altri piissimi ministri del Signore.

L’attentato è considerato da essi come una sentenza della giustizia divina e vedono in Bresci l’esecutore di un disegno provvidenziale. Essi proclamano che avendo usurpato il potere temporale del papa, la monarchia ha meritato i peggiori castighi, e che cadendo sotto le revolverate di Bresci, Umberto subì una giusta espiazione dei delitti di leso papato dei quali era solidale.

Ma non basta. Il prete don Arturo Capponi, di Menfi, avendo fatto l’apologia del regicidio ed esaltato Bresci, il Vaticano, in barba al Quirinale, lo ha elevato alla carica di prelato intimo del papa.

Infine, coloro che fecero l’appello al regicidio sopracitato e ne furono gli apologisti, quando la unità italiana fu fatta, divennero ministri, senatori, deputati, e il principe Umberto re d’Italia.

Dunque per questi signori sventrare il re di Napoli non c’è niente di più patriottico, di più meritorio; ma uccidere re Umberto non c’è nulla di più infame, di più mostruoso.

Tutto questo perchè la morte del primo era loro utile, quella del secondo fatale, senza riflettere che Umberto era a Bresci ciò che il re Bomba era ad essi e ad Agesilao Milano.


Non comprendo la ragione per cui lo stesso atto, secondo la persona che lo commette, o a cui è rivolto, è considerato un eroismo o un assassinio.

Apoteosi od esecuzione.

Ecco i due poli della ragione umana.

Il regicida non è un delinquente volgare che uccide pel gusto di uccidere.

Quando si esaminano le cause che produssero la morte del re, si trova che vi è a carico del suo passato morte, massacri, miserie, oppressione brutale del popolo, dolori che armarono il braccio d’un uo-