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          fra quest’ombre del vero
          perch’i’ ne faccia poi fede a mía lode?
          Sian de le forze mie
          testimoni veraci
          l’auliche torme entro le reggie sale,
          dove finti sorrisi
          manda a le labra invidioso core,
          e dove atti sommessi
          l’alma superba a tesser frodi invia.
          Là di veleno asperso
          tempra nettare al cor vana speranza,
          e v’è chi se ne pasca, e chi per questo
          sprezzi viver felice. O ciechi, o stolti,
          ch’in questa vostra ambiziosa speme
          ingoiate voi stessi,
          più famelici sempre e più digiuni,
          Tantali sitibondi
          ch’in un mar di desiri
          le fauci avete inaridite e secche!
          Là lusinghier fallace,
          dolce ministro di vivande amare,
          osservato d’intorno
          volge lo sguardo il lor tiranno avaro;
          e pur v’è chi l’adore,
          idolatra infelice,
          ch’incensi de’sospiri,
          vittime de’ martiri
          sacra devoto al suo bugiardo nume.
          Quanto v’è, tutto è finto,
          e raro o mai là vi si scorge il vero,
          se non quanto mie larve
          copron l’ignude sue candide membra.
          Che più dirٍ? Per l’universo tutto
          sol si vive fingendo.
          Ma che dich’io si vive? Anco fra loro
          s’ imitan quasi ad arte
          l’opere di natura,