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chiamar l’amata che col nome d’amica. Quella unione, addun- que, che non si ricerca nell’amicizia, molto meno s’ha da ricercar nell’amore. Ma gli amici, senza intorbidare la perfe- zione dell’amicizia, molte volte in alcune, e in cose anche non leggieri, possono esser di volontà contrari. La esperienza tuttodí nel dimostra: ma per vaghezza prendiamne l’esemplo da quella sopra ogni altra famosissima amicizia, che pur dianzi mentovammo, di Pilade ed Oreste: i quali furon ben eglino in tutte l’altre cose concordi, ma venendo a termine che all’uno od all’altro di loro conveniva di morire (che non era già cosa leggiera), eccoli incontanente in discordia. Ire iubet Pylades carum periturus Oresten, hic negat: inque vicem pugnai uterque mori. Extitit hoc unum, quo non convenerit illis : cetera pars concors et sine lite fuit. (Ovidio, Ex Poniَ, III, 2). Ma che esemplo è questo che m’è venuto apportato? Il quale è forse più tosto contrario che favorevole alla mia causa. Qui senza dubbio si vede che questi amici furono in tutte le cose concordi; e quell’ima contesa ch’ebbero di morire l’un per campar l’altro, e’ha ella a far con la contesa che l’amante geloso fa con l’amante cui voi chiamate disleale? Quella è una contesa piena d’amore, questa di rabbia; in quella si tratta del ben dell’amico, ed in questa del martorio dell’amante: che meraviglia dunque se quella puٍ conservar l’amicizia e questa distrugger l’amore? Adagio: già dunque vedete che nella perfetta amicizia ed in conseguenza nel per- fetto amore non è di bisogno che in tutte le cose la volontà sia conforme: ma puٍ in alcune, ed anche delle gravi, nascervi alcuna contesa, qual ch’ella poi si sia. Or andiamo avanti; e mostrerovvi che la contesa di Pilade ed Oreste è contesa più odiosa e più atta a distrugger l’amicizia, che non è atta a distrugger amore la contesa tra l’amante geloso e l’amante che è detto disleale, ancorché in quella si tratti di metter l’un