[St. 35-38] |
libro i. canto iv |
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Re de Etïopia fu un gigante arguto,
Che quasi un palmo avea la bocca grossa.
Davanti al re Gradasso fu venuto
(Balorza ha nome quel c’ha tanta possa);
Comandagli che prenda Feraguto.
Ultimamente pone alla riscossa
Li Sericani ed ogni suo barone:
Ma lui non se arma e sta nel paviglione.
Diciamo de Marsilio e di sua gente,
Che sopra al campo vengono arivare.[1]
Vedendo il piano de sotto patente,[2]
Che è pien de omini armati insino al mare.
E’ non credeano già primeramente[3]
Che tanta gente potesse adunare
Il mondo tutto, quanto è quivi unita;[4]
Nè la posson stimar, perchè è infinita.
L’un campo a l’altro più se fa vicino,
Chè le bandiere a l’incontro se vano.[5]
Ciascun dalle due parte è saracino,
Fuor che la gente del re Carlo Mano.
Spinella de Altamonte e Serpentino
Con la lor schiera son gionti nel piano;
Levasi il crido de una e d’altra gente,
Che par che il cel profondi veramente.
Risuona il monte e tutta la rivera
Di trombe, di tamburi e d’altre voce.
Serpentin sta davanti alla frontera,
Sopra a corsier terribile e veloce.[6]
Ora si move il gran gigante Alfrera:
Cosa non fu giamai tanto feroce,
Quanto è colui, che trenta piedi è altano
Su la zirafa, ed ha un bastone in mano.
- ↑ T., MI. e Mr. vengano.
- ↑ T. Vedeno il; MI. Vedono al; Mr. Vedendo al; P. Vedono il.
- ↑ P. E.
- ↑ MI. e P. quanta.
- ↑ P. Al gran comando d’ogni Capitano.
- ↑ MI. e Mr. al corsier; P. sopra un c.