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orlando innamorato |
[St. 23-26] |
Imperochè Gradasso smisurato,[1]
Da poi che se partì de Sericana,
Tutto il mar de India avea conquistato,
E quella isola grande Taprobana:
La Persia con la Arabia lì da lato,
Terra de’ Negri, che è tanto lontana;
E mezo il mondo ha circuito in mare,[2]
Pria che ’l stretto di Spagna abbia intrare.
E tanta gente avea seco adunata,
E tanti re, che adesso non vi naro,[3]
Che più non ne fu insieme alcuna fiata.
Discese in terra, e prese Zibeltaro:
Arse e disfece il regno di Granata,
Sibilia nè Toledo fier’ riparo.
Venne dapoi a Valenzia meschina;
Con Aragona la pose in ruina.
Sì come io dissi, aveva in sua pregione
Ogni baron che a Marsilio obedia,
Tratti coloro de cui fei ragione,[4]
Che dentro da Sirona seco avia;
E de Grandonio, che in opinïone
De esser ben presto preso se vedia:
Chè Barcellona da sera a matina
È combattuta, e mai non se rafina.
Ora tornamo al re Marsilïone,
Che riceve Ranaldo a grande onore,
E molto ne ringrazia il re Carlone.
Ma Feraguto bacia con amore,
Dicendo: Figlio, io tengo opinïone
Che la tua forza e l’alto tuo valore
Abbatterà Gradasso, quel malegno,
A noi servando il nostro antiquo regno.
- ↑ T. e Mr. Imperò che.
- ↑ P. e ’l mare.
- ↑ T. narro.
- ↑ P. color di cui feci.