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[St. 3-6] libro i. canto iv 67

        E cominciarno il dispietato gioco,[1]
     Ferendose tra lor con crudeltate.[2]
     Le spade ad ogni colpo gettan foco,
     Rotti hanno i scudi e l’arme dispezzate;[3]
     E ciascadun di loro a poco a poco
     Ambe le braccie se avean disarmate.
     Non pôn tagliarle per la fatasone,
     Ma di color l’han fatte di carbone.

        Così le cose tra quei duo ne vano,[4]
     Nè v’è speranza de victoria certa.
     Eccoti una donzella per il piano,
     Che de samito negro era coperta.
     La faccia bella se battia con mano;
     Dicea piangendo: Misera! diserta!
     Qual omo, qual Iddio me darà aiuto,
     Che in questa selva io truovi Feraguto?

        E come vide li duo cavallieri,
     Col palafreno in mezo fu venuta.
     Ciascun di lor contiene il suo destrieri;[5]
     Essa con riverenzia li saluta,
     E disse a Orlando: Cortese guerrieri,
     Abenchè tu non m’abbi cognosciuta,
     Nè io te cognosco, per mercè te prego[6]
     Che alla dimanda mia non facci nego.[7]

        Quel ch’io te chiedo si è che la battaglia
     Sia mo compiuta, c’hai con Feraguto,
     Perch’io mi trovo in una gran travaglia,
     Nè me è mestier d’altrui sperare aiuto.
     Se la fortuna mai vorà ch’io vaglia,
     Forse che un tempo ancor serà venuto
     Che di tal cosa te renderò merto.
     Giamai nol scordarò: questo tien certo.

  1. Mr, comenciorno.
  2. T. Ferendosse.
  3. P. dissipate.
  4. T. vanno; P. le cose di par non lontano.
  5. MI. e Mr. contene; P. contenne.
  6. T., MI. P. cognosca.
  7. MI. e P. niego.