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172 orlando innamorato [St. 27-30]

        Ora Ranaldo se vide pregione,1
     Che già di questo non pensava in prima,
     E del suo scampo manca ogni ragione,
     Chè di morir di fame lui se estima.
     Guarda d’intorno per ogni cantone,
     Ed ha veduta in terra la gran lima,
     La lima che la dama avea portata;
     Stima il baron che Dio l’abbia mandata.

        Con quella lima la pregione apriva,
     E poco manca che non possa uscire.
     Ciascuna stella nel cel se copriva,
     E cominciava il giorno ad apparire;
     Ed eccoti un gigante quivi ariva,
     Ma de venire a lui non ebbe ardire;
     Anzi, come il barone ebbe veduto,
     Fugge, forte cridando: Aiuto! aiuto!

        In questo avea Ranaldo sbarattato
     Tutto il serraglio, e quella grata aperta;
     Ma per il crido di quel smisurato
     Gionge la gente crudele e diserta.2
     E già Ranaldo fuora era saltato;
     Or li conviene adoperar Fusberta,
     Chè intorno a lui de gente crescìa il ballo:3
     Già son più che seicento senza fallo.

        Nulla ne cura quel franco barone,
     Se ben sei tanto fosse il populaccio.
     Davanti a gli altri stava un gigantone,
     Quel proprio che Ranaldo prese al laccio.
     Mai non fu visto il più falso poltrone;
     Ma ben presto Ranaldo gli diè il spaccio:
     Sotto il genocchio un colpo li disserra,4
     E senza gambe il fie’ cadere in terra.

  1. Ml. e P. vide.
  2. T. deserta.
  3. P. cresce.
  4. Ml. e P. il colpo.