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orlando innamorato |
[St. 43-46] |
Ben prese il tempo il demonio scaltrito:
Volta le spalle, e comincia a fuggire.
Crede Ranaldo averlo sbigotito,
E de allegrezza sè non può soffrire.
Quel maledetto al mar se n’è fuggito;
Dietro Ranaldo se ’l mette a seguire,
Dicendo: Aspetta un poco, re gagliardo:[1]
Chi fugge, non cavalca il mio Baiardo.
Or debbe far un re sì fatta prova?
Non te vergogni le spalle voltare?
Torna nel campo e Baiardo ritrova:
La meglior bestia non puoi cavalcare.
Ben è guarnito et ha la sella nova,
E pur ier sira lo feci ferrare.
Vien, te lo piglia: a che mi tieni a bada?
Eccolo quivi, in ponta a questa spada.
Ma quel demonio nïente l’aspetta,[2]
Anzi pariva dal vento portato.
Passa ne l’acqua, e pare una saetta,
E sopra quel naviglio fo montato.[3]
Ranaldo incontinente in mar se gietta,
E poi che sopra al legno fo arivato,
Vede il nemico, e un gran colpo gli mena:
Quel per la poppa salta alla carena.[4]
Ranaldo ognior più drieto se gl’incora,
E con Fusberta giù pur l’ha seguìto.
Quel sempre fuggie, e n’esce per la prora.
Era ’l naviglio da terra partito,
Nè pur Ranaldo se n’avede ancora,
Tanto è dietro al nemico invellenito;[5]
Ed è dentro nel mar già sette miglia,
Quando disparve quella meraviglia.
- ↑ MI. e Mr. o re.
- ↑ P. niente non.
- ↑ MI. a quel n.
- ↑ T. cathena.
- ↑ T. invilenito; P. incrudelito.