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del signor montaigne 7

il farlo, gli dissi, essendogli così stretto amico, mi saprebbe male il non darmi cura che, siccome quando era sano tutti i suoi atti erano stati esempio di prudenza e di senno, come potea fare chi altri si fosse, così seguitasse anche malato; e che, dove piacesse a Dio ch’e’ peggiorasse, mi sarebbe una spina al cuore, se per mancanza di previsione lasciasse qualche suo interesse in dissesto, non solamente per il danno che potessero averne i parenti, quanto per gelosia della sua fama: e questo egli prese in buonissima parte. E dopo aver chiarite le difficoltà che teneanlo sospeso in questa materia, mi fece chiamare suo zio e sua moglie soli, per significar loro quanto avea deliberato rispetto al testamento. “Ma tu gli sgomenterai” gli dissi: “No no, mi rispose, io gli consolerò, e darò loro migliore speranza che non ho io della mia sanità”. Poi mi domandò se gli sfinimenti avuti da lui ci avevan fatto paura. “Ma non è nulla, sai, gli risposi: in queste malattíe lo fa sempre”. “Tu dici bene, fratello, egli replicò: non è nulla, anche quando avvenga ciò che voi più temete”. Ed io: “Per te sarebbe una felicità: il male sarebbe per me, che perderei la compagnía di sì grande, sì savio e sì provato amico; tale che sarei certo di non trovar più l’eguale”. “Eh, potrebb’essere, riprese egli: e ti giuro, che, se una cosa mi tiene di mala voglia, e non mi fa andar sì di buone gambe per quel varco che ho bell’e passato più di mezzo, gli è il pensiero di perder te, quel pover uomo, e quella povera donna (suo zio e sua moglie), che tutti vi amo