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ebbe a nascere in questo particolare, percioché per la prerogativa dell’etá e per la riputazione di piú pregiata scienza, per lo passato avendo sempre Tacito conceduta la precedenza della man destra a Seneca, in quella occasione nondimeno con tanto ardire gliela vietò, che a quel romore in aiuto di Seneca essendo corsi i letterati tutti morali e in soccorso di Tacito uno squadrone di virtuosi politici, si dubitò di qualche grande scandalo: ma i morali cagliarono, perché conobbero che, se la zuffa si attaccava, non avrebbono potuto far lunga resistenza a quegli insolenti politici, che punto non avendo riguardo al giusto e all’onesto, non cosa disonorata ma somma virtú stimano atterrar l’inimico anche con i colpi da traditore. Ma tutto il romore si quietò quando comparvero i maestri delle cerimonie pegasee, i quali di ordine degli eccellentissimi signori censori dissero a Seneca che anco le scienze, come i frutti in Roma, i pesci in Vinegia, avendo la stagion loro, cedesse per allora la man destra a Tacito, e in quella apertissima ingiuria ch’egli riceveva si consolasse con la memoria degli onori che ne’ tempi migliori dell’etá passata li furono fatti; nella quale quelle stesse scienze morali, che ne’ presenti infelicissimi tempi erano riputate mere pedantarie e cose ammuffate, furono in cosi sublime credito, che fino vennero stimate il prezioso gioiello di tutte le buone lettere: e tanto maggiormente, che il presente secolo, il quale tutto è interesse, tutto violenza, di modo fino al settimo cielo si vedeva esaltar lo studio politico, che con esempio scandalosissimo permetteva che anco calpestasse la stessa filosofia peripatetica, sovrana signora di tutte le scienze umane. Ubbidí Seneca al comandamento de’ signori censori, ma con pessima volontá; percioché ne* filosofi morali, che aperta ostentazione fanno di certa apparente umiltá, il vizio di una intensissima ambizione è peccato nato con essi. Giunto che fu il Lipsio nel fòro delfico, non li fu conceduto di poter a ciel sereno rimirare il divino splendore di Sua Maestá, né meno a piè delle scale del reai palazzo fu incontrato e ricevuto dalle serenissime muse, solo essendo stimati degni di questi segnalati favori gli scrittori d’invenzione, dilettissimi di Apollo e delle serenissime muse, e gli scritti dottissimi del Lipsio solo si vedevano