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288 | LA TESEIDE |
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Poi sen gì oltre, e costui stordito
Rimase in terra lì villanamente:
Ma poi che fu di stordigione uscito,
Con boce fioca dolorosamente
Disse: va’ oltre, cavalier ardito,
Col primo agurio della nostra gente,
E cota’ baci Emilia ti dea spesso,
Qual tu m’hai dato: e giù ricadde adesso.
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Similemente Eurimeteo dicea,
Il qual di sangue avea la faccia sozza;
Ma le parole più rotte porgea,
Perocchè era ferito nella strozza;
Laonde forte seco si dolea,
Tal di quel colpo sentiva la ’ndozza,
Dicendo: se tuo padre t’aspettasse,
Qual m’hai concio vorrei ti ritrovasse.
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Maraviglie faceva il buono Arcita
In qua in là per lo campo correndo,
E con gran voci le sue schiere aita,
Or questo or quello andando soccorrendo,
E ciascheduno a bene oprare invita,
Che vede lui così andar ferendo,
E d’altra parte facea il simigliante
L’ardito Palemon prode ed atante.