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LIBRO OTTAVO 279


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Quivi era Aschiro al gran Chiron nipote,
     Che poi nudrì Achille piccioletto,
     Al qual, quantunque Iddii nell’alte rote
     Con Giove regnano, erano in dispetto,
     Costui con furia qualunque percuote,
     Nè ’l viver più non gli ha luogo rispetto,
     E del monte Ossa Filaro crudele
     Era con lui, e di Pindar Linfele.

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Allo scontro de’ qua’ Cremisso venne,
     E vennevi Anfion sopra Permesso
     Nato, e ciascun per forza li ritenne:
     E ’l Parnaso Cirreo v’era con esso
     Del Calidone quanto si convenne
     Armato, e sì in quel bisogno espresso
     Adoperar, che la foga di quelli
     Ristette, e furo offesi alquanti d’elli.

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Ma mentre in tal contasto si sudava,
     Ida leggier più ch’altro prestamente
     Del suo destriere in terra dismontava,
     E di dietro ad Arcita destramente
     Sopra la groppa armato si gittava,
     Credendo lui ritener fermamente;
     E sì faceva el, ma e’ fu corto
     L’avviso, perchè Arcita ne fu accorto.