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SOPRA DANTE 325

care in fermezza d’animo: domandógli1 dove i comandamenti della sapienza, dove per molti anni avesser lasciata andare la premeditata ragione intorno alle cose sopravvegnenti, e da cui non esser saputa la crudeltà di Nerone: e che niuna altra cosa gli restava a fare, avendo la madre e ’l fratello uccisi, se non d’uccidere il suo maestro, e colui che allevato l’avea. E quinci abbracciata la moglie, la confortò e pregò che con forte animo portasse questa ingiuria. E avendo già il centesimo anno passato, si fece aprir le vene delle braccia, e appresso, perciocchè il sangue lentamente usciva del corpo, similemente si fece aprir le vene delle gambe e delle ginocchia: e mentre lentamente mancava la vita sua, infino che gli bastaron le forze di poter parlare, fatti venire scrittori, più cose degne di laude in sua fama, e in bene di coloro che dopo la sua morte le dovevano vedere fece scrivere. Ma prolungandosi troppo la morte, pregò Stazio Anneo medico, lungamente stato suo fido amico, che gli desse veleno, il quale egli lungamente davanti s’aveva apparecchiato. Il quale preso, nè d’alcuna cosa offendendolo, per li membri che erano già freddi, e niuna via davano donde il veleno potesse al cuore trapassare, si fece alla fine mettere in un bagno d’acqua molto calda, nel quale entrando, con le mani, que’ servi che più prossimani gli erano, presa dell’acqua, risperse: da’ quali fu udita questa voce, che esso quello liquore sacrificava a Giove liberatore: e poco appresso dal vapore caldo del-

  1. Domandógli che dove.