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SOPRA DANTE 303

ne, il quale ornò di santissime leggi la città di Atene. E volendo Speusippo figliuolo della sorella, e che dopo la sua morte le scuole sue ritenne insieme con Clearco e con Anassalide, stati suoi uditori, nobilitare la sua origine, siccome essi nel secondo libro della filosofia scrivono, finsero Perissione madre di lui essere stata oppressa da una sembianza d’Apolline, volendo che per questo s’intendesse, lui per opera del padre, il quale gli antichi estimarono essere iddio della sapienza, avere avuta la divina scienza, la quale in lui uomo mortale fu conosciuta. Fu costui, oltre ad ogn’altro suo contemporaneo eloquentissimo: e fu tanta dolcezza e tanta soavità nella sua prolazione, che quasi pareva più celestial cosa che umana parlando: la qual cosa per due assai evidenti segni, avantichè a quella perfezion divenisse, fu dimostrata. Primieramente essendo egli ancora picciolissimo fanciullo, e nella culla dormendo, furono trovate api, le quali sollicitamente studiandosi, non altrimenti che in uno loro fiaro, gli portavano mele, senza d’alcuna cosa offenderlo. Secondariamente quella notte, che precedente fu al dì che Aristone lui giovanetto menò a Socrate, acciocchè della sua. dottrina l’ammaestrasse, parve nel sonno a Socrate vedere di cielo discendere un cigno, e porglisi sopra le ginocchia, e pascersi di quello che da esso Socrate gli era dato. Perchè come Socrate vide Platone il dì seguente, così estimò lui esser quel cigno che nel sonno veduto avea. E il cigno, secondochè questi fisiologi scrivono, è uccello, il quale soavissimamente canta; per la qual dolcezza di canto assai bene