tro a’ congiunti, temendo di sè, avendo sana mente, si mostrò pazzo: e così visse buona pezza, portando vilissimi vestimenti, e ingegnandosi di fare alcune cose piacevoli, come talvolta fanno i matti, acciocchè facesse ridere altrui, ed ancora per acquistare la benevolenza di chi il vedesse, e con questo fuggisse la crudeltà del zio. E perciocchè poco nettamente viveva, fu cognominato Bruto: il quale per aver festa di lui, tenevano volentieri appresso di sè i figliuoli di Tarquinio. Ora avvenne, che essendo Tarquinio superbo intorno ad Ardea ad assedio, e i figliuoli del re con altri loro compagni avendo cenato, entrarono in ragionamento delle loro mogli, e ciascuno, come far si suole, in virtù e in costumi preponeva la sua a tutte l’altre femmine: e non finendosi la quistione per parole, presero per partito d’andare alle lor case con questi patti, che quale delle lor donne trovassero in più laudevole esercizio, quella fosse meritamente da commendare più che alcuna altra. E così montati a cavallo, subitamente fecero: e pervenuti a Roma, trovano le nuore del re, ballare e far festa con le lor vicine, non ostante che i lor mariti fossero in fatti d’arme e a campo: e di quindi n’andarono a un castello chiamato Collazio, dove un giovane chiamato Collatino, loro zio, teneva la donna sua, chiamata Lucrezia: e trovarono costei in mezzo delle sue femmine vegghiare, e con loro insieme filare, e far quello che a buona donna e valente s’apparteneva di fare; perchè fu reputato che costei fosse più da lodare che alcuna dell’altre, e che Collatino avesse miglior moglie che alcun degli altri. Era tra questi