intanto che gran parte del senato avea contro a luì congiurato, si riscaldò nel desiderio, lungamente portato, d’esser re; per la qual cosa essendosi a vendicare la morte di Crasso, stato con più legioni romane ucciso da’ Parti ferocissimi popoli, subornò Lucio Gotta, al quale con quattordici altri uomini apparteneva il procurare i libri sibillini, trovarsi li Parti non poter esser vinti nè soggiogati, se non da re; e però convenirsi, che Cesare si facesse re; La qual cosa parve gravissima a’ senatori ad udire: e comechè essi servassero occulta la loro intenzione, fu nondimeno questo un’avacciare a dare opera a quello che parte di loro aveano forse ragionato: e perciò gl’idi di marzo, cioè di quindici di marzo, Giulio Cesare sollecitato molto da Bruto, non potendolo Calfurnia sua moglie, per un sogno da lei veduto la notte, ritenere, nè ancora alcuni altri segni da lui veduti, pretendenti quello che poi seguì, in su la quinta ora del dì uscito di casa ne venne nella corte di Pompeo, dove quel dì era ragunato il senato: dove non dopo lunga dimora fu da Gaio Cassio, e da Marco Bruto, e da Decio Bruto, principi della congiurazione, e da più altri senatori assalito, e ferito di ventitrè punte di stili. La qual cosa vedendo esso, e conoscendo la morte sua, recatisi e compostisi come meglio potè i panni dinanzi, acciocchè disonestamente non cadesse, senza fare alcun rumore di voce o di pianto cadde: ed essendone stato portato da alquanti suoi servi a casa, e vedute da Antistio medico le plaghe di lui ancora spirante, disse di tutte quelle una sola esservene mortale: e quella si crede fosse quella che da