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SOPRA DANTE | 245 |
latin poeta, stato davanti da lui, o che poi per infino a questo tempo stato sia. L’ombra sua, cioè di Virgilio, torna, ch’era dipartita, quando andò al soccorso dell’autore, come di sopra è dimostrato. Poichè la voce, già detta, fu ristata, e queta, Vidi quattro grand’ombre, non di statura, ma grandi per dignità, a noi venire, come l’uno amico va a ricoglier l’altro, quando d’alcuna parte torna:
Sembianza avean nè trista, nè lieta.
In questa discrezione della sembianza di questi poeti, dimostra l’autore la gravità e la costanza di questi solenni uomini; perciocchè costume laudevole è de’ maturi e savi uomini, non mutar sembiante per cosa che avvegna o prospera o avversa, ma con eguale, e viso e animo, le felicità e le avversità sopravvegnenti ricevono; perciocchè chi altrimenti fa, mostra sè essere di leggiere animo e di volubile. Lo buon Maestro, Virgilio, cominciò a dire:
Mira colui con quella spada in mano,
è la spada un istrumento bellico, e però per quella vuol dare l’autore ad intendere di che materia colui che la portava cantasse: e però a lui, e non ad alcun degli altri, la descrive in mano, perciocchè il primo fu che si creda che in istilo metrico scrivesse dì guerre e di battaglie, e per conseguente pare, che chi dopo lui scritto n’ha, l’abbia avuto da lui. Che vien dinanzi a’ tre, poeti che ’l seguono, siccome Sire, cioè signore e maggiore.
Egli è Omero poeta sovrano.
Dell’origine, della vita, e degli studii d’|Omero secondochè diceva Leon Tessalo, scrive un valente