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SOPRA DANTE | 223 |
chè ancora non eran venuti ad età che perfettamente potesson parlare. E questa è luna delle due maniere di genti, delle quali dissi che l’autor trattava in questa parte, e di femmine e di viri, cioè d’uomini; e questa è l’altra maniera, in tanto dalla prima differenti, in quanto i primi morirono infanti, come detto è, e questi secondi morirono non battezzati in età perfetta; li quali una medesima cosa direi loro essere e gli infanti, se quella copula la quale vi pone, quando dice:
D’infanti, e di femmine, e di viri,
non mi togliesse da questa opinione. E la ragione che mi moverebbe sarebbe questa; perciocchè io non estimo che da creder sia, quantunque nella presente vita gl’infanti in tenerissima età morissono, che essi sieno al supplicio in quella età, cioè in quello poco o nullo conoscimento; anzi credo sia da credere, loro essere in quello intero conoscimento che è qualunque degli altri che più attempati moriro: la qual perfezione del conoscimento credo sia lor data in tormento e in noia, e non in alcuna consolazione, come a noi mortali, quando bene usare il vogliamo, è conceduto. Lo buon maestro, cioè Virgilio, il quale in questa parte per ammaestrarlo che domandar dovesse, quando alcuna cosa vedesse nuova, e da doverne meritamente addomandare, o forse per assicurarlo al domandare perciocchè nel precedente canto, perchè non li parve che Virgilio tanto pienamente al suo dimando gli rispondesse, vergognandosi sospicò non grave fosse a Virgilio l’essere domandato, perchè