Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 1, 1829.djvu/18

6 FILOCOPO

sistere gl’Iddii, io ti ringrazio, perocchè tu hai posta dinanzi agli occhi miei la mia beatitudine, e già il freddo cuore, sentendo la dolcezza del tuo raggio, si comincia a riscaldare. Adunque io il quale ho la tua signoria lungamente temendo fuggita, ora ti prego che tu, mediante la virtù de’ begli occhi ove sì pietoso dimori, entri in me con la tua deitade. Io non ti posso più fuggire, nè di fuggirti disidero, ma umile e divoto mi sottometto a’ tuoi piaceri. Io non avea dette queste parole, che i lucenti occhi della bella donna scintillando guardarono ne’ miei con aguta luce, per la quale luce una focosa saetta d’oro, al mio parere, vidi venire, e quella, per li miei occhi passando, percosse sì forte il cuore del piacere della bella donna, che ritornando egli nel primo tremore ancora trema; e in esso entrata, v’accese una fiamma, secondo il mio avviso, inestinguibile, e di tanto valore, che ogni intendimento dell’anima ha rivolto a pensare delle maravigliose bellezze della vaga donna. Ma poi che di quindi col piagato cuore partito mi fui, e sospirato ebbi più giorni per la nuova percossa, pur pensando alla valorosa donna, avvenne che un giorno, non so come, la fortuna mi balestrò in un santo tempio dal prencipe de’ celestiali uccelli nominato, nel quale sacerdotesse di Diana, sotto bianchi veli, di neri vestimenti vestite, cultivavano tiepidi fuochi divotamente; là dove io giungendo, con alquante di quelle vidi la graziosa donna del mio cuore stare con festevole e allegro ragionamento, nel quale ragionamento io e alcuno compagno domesticamente accolti fummo. E venuti d’un ragionamento in un altro, dopo molti venimmo a parlare del valoroso goviane