Pagina:Boccaccio - Filocolo (Laterza, 1938).djvu/520

516 il filocolo


«Quanto sia stato nelle cinque eta passate, io credo con aperta ragione aver mostrato» disse Ilario; «ora alla sesta piena di grazia, nella quale dimoriamo, con piú lento passo ci conviene procedere, e dicovi cosi. Come voi poteste nel principio del mio parlare comprendere, se bene ascoltaste, uno è il creatore di tutte le cose, a cui principio non fu né fine sará mai, il quale, da sé gittate le superbe creature, volle di nobile generazione riempire i voti luoghi, e creò l’uomo, al quale morte annunziò se il suo mandato passasse, com’io vi dissi. Ma quegli, vinta la sua sposa dalle false seduzioni dell’eterno nemico, piacendo a lei il trapassò, per che cacciato con lei insieme del grazioso luogo, agli affannosi coltivamenti della terra venne, e morí, e noi, sí come suoi successori, corporalmente tutti moriamo. Ma però che le nostre anime, fatte da Dio alla sua imagine, tutte andavano a’ dolenti regni de’ malvagi angeli, non tanto giustamente col corpo vivuta, e a niuna era possibile per suo merito il risalire colá donde peccando era caduta, il creatore di quelle per sua propria benignitá verso noi divenne pietoso, e nel principio di questa sesta etá, regnante Ottaviano Augusto e tenente tutto il mondo in pace quieta, il suo unico Figliuolo volle che s’incarnasse in una vergine di reale progenie discesa, il cui nome fu ed è Maria, alla quale in Nazaret, cittá di Giudea, per convenevole messo il fece annunziare. Dal quale essa rassicurata, al volere del suo signore si dispose, dicendo: ‛Ecco l’ancilla del signore, sia a me secondo la sua parola!’. La quale risposta fatta, e operante la virtú del Santo Spirito, l’unico Figliuolo di Dio fu incarnato. Alla quale incarnazione niuna naturale operazione fu mescolata, né opportuna, se bene si guarda. Fu adunque la incarnazione, come detto v’ho, del Figliuolo di Dio, il quale poi benigno e glorioso nacque, acciò che poi e passione e morte sostenendo le nostre colpe lavasse, e facessene possibili a salire a quella gloria donde ne cacciò disubbidendo il primo padre. Non che Dio non avesse con la sua parola sola potutone perdonare e rifarci degni, che bene avria potuto, però che nella sua potenza ogni cosa s’inchiude, ma egli