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libro quinto 511

che del bel nome di colui s’adorna che prima del diserto comandò penitenza a’ peccatori, annunziando il celeste regno essere propinquo, e di Laterano nominato dal rabbioso Nerone, e in quello entrato, e rimirando di quello le gran bellezze, in una parte videro effigiata di colui la figura che fu dell’universo salute. Questa si pose Filocolo con ammirazione grandissima a riguardare, e qual fosse la ragione delle forate mani e de’ piedi e del costato pensare non sapeva, per che sopra questo imaginando dimorava sospeso. Nella qual dimoranza stando, un uomo antico, non troppo di bella apparenza, in iscienza spertissimo, il cui nome, second’egli poscia manifestò, era Ilario, disceso da parenti nobilissimi da Atene, quivi con Bellisano, patrizio di Roma, e figliuolo dell’inclito imperatore Giustiniano, venuto, e all’ordine de’ cavalieri di Dio scritto, forse a guardia del bel luogo deputato, gli sopravvenne, e vide Filocolo cosí quell’imagine riguardare. Ma avanti che alcuna cosa gli dicesse, il guardò molto, e parvegli nello aspetto nobile e di grande affare, per che con reverenza, non conoscendolo, cosí gli cominciò a parlare: «O giovane, con molta ammirazione l’effigie del creatore di tutte le cose riguardi, come se mai da te non fosse stata veduta». A cui Filocolo graziosamente rispose: «Senza dubbio, amico, ciò che tu di è vero; e però che io mai piú non la vidi, con ammirazione ora la riguardava». «E come può essere» disse Ilario, «che tu molte volte non l’abbia veduta, se de’ servatori della sua legge se’?» «Certo» disse Filocolo, «né lui come giá dissi piú vidi, né quale sia la sua legge conosco». «Adunque qual legge servi tu, o cui adori?», disse Ilario. A cui Filocolo rispose: «La legge che i miei predecessori servarono e che ancora i popoli del paese ond’io sono servano, io servo: e da noi è adorato Giove, e gli altri immortali iddii posseditori delle celestiali regioni, a’ quali, quante volte di loro abbiamo bisogno, tante volte accendiamo fuochi sopra i loro altari e diamo incensi, e le dimandate cose riceviamo». Dunque tu idolatro se’ della setta de’ Gentili?»»Cosí sono come tu dí», rispose Filocolo. «Ora ignori tu» disse Ilario, «che noi