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novella seconda 7


Belle donne, io non so da me medesima vedere che piú in questo si pecchi, o la natura apparecchiando ad una nobile anima un vil corpo o la fortuna apparecchiando ad un corpo dotato d’anima nobile vil mestiere, sí come in Cisti nostro cittadino ed in molti ancora abbiamo potuto vedere avvenire; il qual Cisti, d’altissimo animo fornito, la fortuna fece fornaio. E certo io maladicerei e la natura parimente e la fortuna, se io non conoscessi, la natura esser discretissima e la fortuna aver mille occhi, come che gli sciocchi lei cieca figurino. Le quali io avviso che, sí come molto avvedute, fanno quello che i mortali spesse volte fanno, li quali, incerti de’ futuri casi, per le loro opportunitá le loro piú care cose ne’ piú vili luoghi delle lor case, sí come meno sospetti, sepelliscono, e quindi ne’ maggior bisogni le traggono, avendole il vil luogo piú sicuramente servate che la bella camera non avrebbe. E cosí le due ministre del mondo spesso le lor cose piú care nascondono sotto l’ombra dell’arti reputate piú vili, acciò che di quelle alle necessitá traendole, piú chiaro appaia il loro splendore. Il che quanto in poca cosa Cisti fornaio il dichiarasse, gli occhi dello ’ntelletto rimettendo a messer Geri Spina, il quale la novella di madonna Oretta contata, che sua moglie fu, m’ha tornato nella memoria, mi piace in una novelletta assai piccola dimostrarvi.

Dico adunque che, avendo Bonifazio papa, appo il quale messer Geri Spina fu in grandissimo stato, mandati in Firenze certi suoi nobili ambasciadori per certe sue gran bisogne, essendo essi in casa di messer Geri smontati, ed egli con loro insieme i fatti del papa trattando, avvenne, che che se ne fosse cagione, che messer Geri con questi ambasciadori del papa tutti a piè quasi ogni mattina davanti a Santa Maria Ughi passavano, dove Cisti fornaio il suo forno aveva e personalmente la sua arte eserceva. Al quale quantunque la fortuna arte assai umile data avesse, tanto in quella gli era stata benigna, che egli n’era ricchissimo divenuto, e senza volerla mai per alcuna altra abbandonare, splendidissimamente vivea, avendo tra l’altre sue buone cose sempre i migliori vini bianchi e vermigli che in Firenze si trovassero