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60 giornata prima

da me disideri: e veramente mai piú che ora per te da avarizia assalito non fui, ma io la caccerò con quel bastone che tu medesimo hai divisato. — E fatto pagare l’oste di Bergamino e lui nobilissimamente d’una sua roba vestito, datigli denari ed un pallafreno, nel suo piacere per quella volta rimise l’andare e lo stare.

[VIII]

Guiglielmo Borsiere con leggiadre parole trafigge l’avarizia di messere Ermino de’ Grimaldi.

Sedeva appresso Filostrato Lauretta, la quale, poscia che udito ebbe lodare la ’ndustria di Bergamino e sentendo a lei convenir dire alcuna cosa, senza alcuno comandamento aspettare, piacevolmente cosí cominciò a parlare:

La precedente novella, care compagne, m’induce a voler dire come un valente uomo di corte similmente, e non senza frutto, pugnesse d’un ricchissimo mercatante la cupidigia; la quale, perché l’effetto della passata somigli, non vi dovrá per ciò esser men cara, pensando che bene n’addivenisse alla fine.

Fu adunque in Genova, buon tempo è passato, un gentile uomo chiamato messere Ermino de’ Grimaldi, il quale, per quello che da tutti era creduto, di grandissime possessioni e di denari di gran lunga trapassava la ricchezza d’ogni altro ricchissimo cittadino che allora si sapesse in Italia; e sí come egli di ricchezza ogni altro avanzava che italico fosse, cosí d’avarizia e di miseria ogni altro misero ed avaro che al mondo fosse soperchiava oltre misura: per ciò che, non solamente in onorare altrui teneva la borsa stretta, ma nelle cose opportune alla sua propria persona, contra il general costume de’ genovesi, che usi sono di nobilemente vestire, sosteneva egli, per non ispendere, difetti grandissimi, e similmente nel mangiare e nel bere. Per la qual cosa, e meritamente, gli era de’ Grimaldi caduto il soprannome, e solamente messere Ermino Avarizia era da tutti chiamato. Avvenne che, in questi tempi che