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380 giornata quinta

re, al quale costei era molto nel primo aspetto piaciuta, di lei ricordandosi, sentendosi bene della persona, ancora che fosse al dí vicino, diliberò d’andare a starsi alquanto con lei; e con alcuno de’ suoi servidori chetamente se n’andò alla Cuba, e nelle case entrato, fatto pianamente aprir la camera nella quale sapeva che dormiva la giovane, in quella con un gran doppiere acceso innanzi se n’entrò: e sopra il letto guardando, lei insieme con Gianni ignudi ed abbracciati vide dormire. Di che egli di subito si turbò fieramente ed in tanta ira montò, senza dire alcuna cosa, che a poco si tenne che quivi, con un coltello che allato avea, ammenduni non gli uccise; poi, estimando vilissima cosa essere a qualunque uom si fosse, non che ad un re, due ignudi uccidere dormendo, si ritenne, e pensò di volergli in publico e di fuoco far morire: e vòlto ad un sol compagno che seco aveva, disse: — Che ti par di questa rea femina in cui io giá la mia speranza avea posta? — Ed appresso il domandò se il giovane conoscesse che tanto d’ardire aveva avuto, che venuto gli era in casa a far tanto d’oltraggio e di dispiacere. Quegli che domandato era, rispose non ricordarsi d’averlo mai veduto. Partissi adunque il re turbato della camera e comandò che i due amanti, cosí ignudi come erano, fosser presi e legati, e come giorno chiaro fosse, fossero menati a Palermo ed in su la piazza legati ad un palo con le reni l’uno all’altro vòlte ed infino ad ora di terza tenuti, acciò che da tutti potessero esser veduti, ed appresso fossero arsi, sí come avean meritato; e cosí detto, se ne tornò in Palermo nella sua camera assai cruccioso. Partito il re, subitamente furon molti sopra i due amanti, e loro non solamente svegliarono, ma prestamente senza alcuna pietá presero e legarono; il che veggendo i due giovani, se essi furon dolenti e temettero della lor vita e piansero e ramaricaronsi, assai può essere manifesto. Essi furono, secondo il comandamento del re, menati in Palermo e legati ad un palo nella piazza, e davanti agli occhi loro fu la stipa ed il fuoco apparecchiato per dovergli ardere all’ora comandata dal re. Quivi subitamente tutti i palermitani ed uomini e donne concorsero a vedere i due amanti; gli uomini tutti a riguardar