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338 nota

originale1 abbiano contribuito ad aggravare gli errori. Per tutto ciò una larga parte dev’essere demandata alla critica congetturale nella ricostituzione di un testo che sufficientemente esprima le sembianze dell’archetipo della traduzione, e sotto queste lasci scorgere i lineamenti almeno della dettatura latina boccaccesca. Negl’indispensabili chiarimenti che soggiungo, a spiegazione e giustificazione delle correzioni da me apportate ai mss., sará naturalmente anche tenuto conto, dove occorra, delle proposte avanzate nelle stampe precedenti2.

Premetto che l’intitolazione dei mss. riflette certamente l’invio originario, ma nello stesso tempo lo áltera3, e però non giova conservarla. Dopo di che, ecco i passi da me toccati o ritoccati:

senno 14829: R1 reca solamente se, mentre R2 ha sēno ma in compenso tralascia il non che segue; sue ivi40, mss. tue (ma si parla di lettere dell’Acciaiuoli); ricoprissono 1492, mss. ricoprisse, ma R2 dá poi al plur. il verbo seguente inducessono (in R1 manca il tratto, cfr. p. 337, n. 2); vera ivi, manca nei mss. e fu suppl. dal Gamba e dal Corazzini; non ivi17, suppl. da me perché il contesto lo richiede (cfr. subito dopo il contrapposto introdotto da anzi); nebbia di tele ivi31, mss. nebbia e di tele; stigia 1508, mss. stige, emend. del Gamba; Perseo ivi27, mss. Perse o (allo scrittore di R1; quest’o cosí isolata parve superflua, onde l’espunse; quello di R2 la conservò, ma mutò Perse in Perses); tiburti ivii13 mss. tiburi; chiarissimi ivi, mss. chiarissimo; sterquilini ivi25, mss. serquilini; con un solo ivi35; il con mancante nei mss. fu suppl. dalle stampe;

  1. Di che abbiamo una prova nella lacuna tra poterat e puerile 14712 esistente nel ms. Patetta.
  2. Ossia, quella princeps del Biscioni, che giá conosciamo; quella curata da B. Gamba (Pistola di G. Bocc. a messer Franc. priore di Sant’Apostolo, Milano, 1829); quella del Ciampi (Monum. cit.2, p. 153 sgg.); quella del Corazzini (p. 131 sgg.). Il Ciampi diede il testo dell’ep., pur essendosi pronunziato apertamente contro l’autenticitá d’essa in due scritti pubblicati nel 1827 e nel ’30, poi riprodotti nei Monum.2, pp. 533 sgg. e 546 sgg.
  3. In R1 suona: Messere Giovanni Bocchacci a messere Franciescho priore di Sancto Appostolo, spenditore a Napoli del gram sinischalcho del Reame chiamato messere Nichola Acciaiuoli; in R2 analogamente: Epistola mandata per messer Giovanni Bocchacci ad messer Francesco priore di Sancto Adpostolo di Firenze, spenditore ad Napoli del gran siniscalco degli Acciaiuoli di Firenze. Certamente quella forma «Santo Apostolo» non può riflettere un genitivo sing. dell’invio latino, ché l’uso trecentesco dotto e popolare voleva infallantemente il plurale (per il secolo XV s’incontra qualche deroga: cfr. Traversari, art. cit., p. 101, n.); è possibile, a mio credere, che un «Sanctorum Apostolorum» scritto con i consueti compendi paleografici, e quindi con le desinenze -rum rappresentate dal segno 4, si sia, per imperizia o per sciatteria, trasformato agli occhi del volgarizzatore in «Sancto Apostolo».