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genuinitá, senza per altro approfondire in modo speciale la questione, l’Hauvette e il Torraca1; la negarono il Novati e lo Zabughin2; non si pronunziò il Wilkins3. In realtá, prescindendo dal contenuto, che non offre nessuna indicazione utile per risolvere il dibattito, contro la paternitá boccaccesca si oppone un valido argomento: a differenza di tutti quanti gli altri scritti autentici conservati in numero di otto dal Laurenziano citato, queste elegie non mostrano né in testa né in fondo il nome del presunto autore, e non presentano tracce o indizi qualsiasi di aver mai recato una simile indicazione4. D’altra parte, a Napoli nel quarto decennio del Trecento e nell’ambiente letterario che il Bocc. frequentava e che il Torraca stesso cosí dottamente illustrò, dovevano considerarsi vecchiumi giá superati quei ritmi a base dattilica, anche per un esordiente che venisse componendo «un’esercitazione giovanile»; onde a ragione lo Zabughin li giudicò «assai anteriori».

A nessuna autoritá fuori che ad una vaga tradizione si appoggiò l’asserto che il Nostro fosse autore dell’epitafio apposto in Santa Croce di Firenze ai giuristi messer Francesco e messer Filippo da Barberino, padre e figlio, morti a pochi giorni di distanza nel 1348 (inc. Inclita plange tuos lacrimis, Florentia, cives)5. Stilisticamente in quei dodici esametri non è nulla di boccaccesco, ed in mancanza di ogni altro argomento ponderabile io non reputerò imprudente respingerli6.



  1. Hauvette, Boccace cit., p. 391, n. 4; Torraca, G. Bocc. a Napoli (estr. dall’Arch. stor. per le prov. napol., XXX), pp. 191-2.
  2. Novati, Giorn. stor., XXV, p. 424, n. 2 (ivi si promette di ritornare sull’argomento, ciò che non fu fatto mai); Zabughin, Vergilio nel Rinascim. ital., I, p. 87, n. 189. Ebbi anch’io ad esprimere la mia opinione contraria (Giorn. stor., LXV, p. 410, n. 9).
  3. Art. cit., p. 120.
  4. Mi riferisco ai carmi I e II, alle epistole I-IV e VI, ed al I tra gli Scripta breviora: tutte composizioni raccolte nel presente volume. Per le indicazioni sull’autore apposte in ZL a ciascuno scritto, cfr. qui, pp. 290, 292.
  5. Cfr. F. Bocchi, Le bellezze della cittá di Firenze, Firenze, 1677, p. 338: «credesi che l’Epitaffio... sia composizione del medesimo Boccaccio». Nell’edizione originale del libro del Bocchi (1591) il passo manca, e però si tratta di un’aggiunta introdotta da G. Cinelli, autore del rifacimento; «sulla costui asserzione alla corrente opinione appoggiata» riferí gli esametri il Manni (Ist. del Decam., pp. 28-9).
  6. L’Hortis non si espresse né prò né contro (op. cit., pp. 3or, n. 2, 514 e n. 3, 793); A. Thomas ricordò l’attribuzione, ma ammettendo che non se ne abbiano
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