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nota 271

dere nel testo1. Massima infine tra le negligenze del menante fu l’ommissione dell’intero esametro II 98, dimenticato all’atto della trascrizione in R e non piú aggiuntovi successivamente2: io non esitai, come giá fu avvertito, a rimettere il disperso nel posto da cui non avrebbe mai dovuto disertare3.

Rimane a render conto di un ultimo mio intervento nella costituzione del testo per la presente stampa. In R il Bocc. appose qua e lá nei margini un certo numero di postille, di cui quelle che offrono piú interesse sono alcune varianti4; eccone la serie per intero:

cantare VIII 129 (con riferimento alle parole divos ciere subulcos),

vel glandes VIII 154 (a repetet quercus veteres),

aliter magnus IX 93 (a Est grandis Circius),

vel frondes IX 183 (a Virides dum defert),

vel utque alios X 18 (a Ast alios mittam),



  1. Il particolare dell’apice sfuggí al Galante, che s’occupò del passo ma senza avere avuto sott’occhio il ms.; la sua spiegazione dell’in coincide per altro con la mia (cfr. Giorn. stor., LXIX, p. 118, n. 3).
  2. Cfr. p. 263 e n. 1.
  3. Un equivoco che non c’è, trovò invece nell’originale lo Hecker (p. 75) in servus VIII 83: in luogo della qual voce chiamò giusta la lezione serpens che l’editore del 1719 cavò dal contesto. Né egli né il Bottari intesero per conseguenza che il Bocc. si riferiva nel passo ai tempi nei quali Mida (l’Acciaiuoli) si poteva dire servus, contrapponendoli a quelli in cui, come si legge piú oltre, il medesimo personaggio «vires auxit»: come servo il suo modo di agire era il «serpere», nello stesso modo che dopo fu violento ed aggressivo.
  4. Le altre sono in massima parte interpretazioni di nomi allegorici greci (cfr. Hecker, pp. 71-2), e non sará inutile averle qui sott’occhio: c. 38 r «Lipi grece anxietas - Batracos grece rana», c. 64 v «Elpis grece, spes latine», c. 66 r «Critis grece iudex», c. 66 v «Dylos grece timidus», c. 68 v «Lycos grece albus», c. 69 r «Camalos grece, hebes latine - Terapon grece» (qui evidentemente manca la traduzione latina, cfr. infatti in questo vol., p. 220), c. 78 r «Tiphlos grece orbus», c. 81 v «Trinos grece luctum, Penos grece dolor et labor, Thlipsis grece mestitia, Lipis grece anxietas, scotinos grece obscurus», c. 84 v «Aggelus grece nuntius». Vi sono poi due vere e proprie chiose: c. 53 r «Iosep» in corrispondenza della voce puerum XI 104, e c. 88 r «papa» in rapporto al nome Egon XVI 107; un’indicazione di fonte, «Plautus» (c. 8 r), a riscontro del verso II 69; una postilla grammaticale, «Saphu genitivus grecus» (c. 60 v); un richiamo del poeta a se stesso, «anapestus» (c. 22 r), per avvertirsi che il verso V 89 è prosodicamente errato avendo un anapesto nella quinta sede; e finalmente una breve serie di parole scritte in corsivo, che sono lezioni accolte poi nel testo (cfr. Hecker, pp. 70-1): tali «lepores si» di fianco al v. II 19, «squamosa» a X 137, «conscendit» a XII 200, «heu» a XVI 128.