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predetti accidenti. Cosi adunque, metaphorice parlando, dice l’autore a Virgilio, intendendo per la chiaritá delle sue dimostrazioni cessarsi della mente sua ogni dubbio, il quale offuscasse o impedisse la luce dello ’ntelletto; e però segue: «Tu mi contenti si, quando tu solvi», cioè apri e dimostri la ragion delle cose, le quali, a me occulte, mi son cagion di dubitare; «Che non men che’l saver, dubbiar m’aggrata», per udir le tue chiare dimostrazioni. «Ancora un poco indietro ti rivolvi, — Diss’io», e questo fa’, accioché tu mi dichiari, —«lá dove di’ch’usura offende La divina bontade» (la qual cosa ha detta di sopra, quivi dove dice: «Del segno suo, e Sogdoma e Caorsa), e ’l groppo solvi», —cioè il dubbio, il quale mostrava l’autor d’avere, in quanto non discernea perché l’usuraio offendesse la natura e l’arte, le quali son cose di Dio, come dimostrato è di sopra. — «Filosofia, — mi disse». Qui comincia la sesta parte del presente canto, nella quale l’autore mostra come da Virgilio gli sia soluto il dubbio mosso, dicendo: — «Filosofia, — mi disse», Virgilio, — «a chi la ’ntende, Nota», cioè dimostra, «non pure in una sola parte», ma in molte, «Come natura». È qui da sapere che, secondo piace a’ savi, egli è «natura naturans», e questa è Iddio, il quale è d’ogni cosa stato creatore e produttore; ed è «natura naturata», e questa è l’operazion de’ cieli potenziata e creata da Dio, per la quale ciò, che quaggiú si produce, nasce. E di questa seconda intende qui l’autore, dicendo che questa natura naturata «lo suo corso prende Dal divino intelletto», in quanto piú non adopera, se non quanto conosce essere della ’ntenzion di Dio; e percioché essa prende quindi il suo movimento all’operare, cosi ancora da quello, in quanto puote, prende la forma dell’operare: per la qual cosa l’autor dice: «e da sua arte». L’arte del divino intelletto è il producere ogni cosa perfetta e a certo e determinato fine; e in questo s’ingegna quanto può la natura d’imitarla, e fallo secondo la disposizione della materia suggetta, la quale, percioché è finita, non può ricevere intera perfezione, come riceve la materia sopra la quale se esercita la divina arte; ché, se ricevere la potesse la natura naturata, producerebbe cosi i