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piacevano e con disiderio si mangiavano; e cosi, sostenuta lungamente la sete, non che i deboli vini, ma l’acqua, e ancora la non pura, piaceva e appetitosamente si beveva; e similmente di ciascuna altra cosa avveniva. E perciò non fu ghiotto, come molti credono; né fu perciò la sua sobrietá laudevole, in quanto a laudevol fine non l’usava. [Adunque per queste opinioni, separate del tutto dalla veritá, si come eretico mostra l’autore lui in questo luogo esser dannato, e con lui tutti coloro li quali le sue opinioni seguitarono]. Poi seguita l’autore: «Però», cioè per quello che detto t’ho, che da questa parte son gli epicuri, «alla dimanda che mi faci», cioè se veder si possono quelle anime che nelle sepolture sono, «Quinc’entro», cioè tra queste sepolture, «satisfatto sarai tosto»; quasi voglia Virgilio dire: percioché tra questi epicúri sono de’ tuoi cittadini, li quali, sentendoti passare, ti si faranno vedere, di che fia satisfatto al disiderio tuo; «Ed al disio ancor, che tu mi taci». — 11 qual disio, taciuto dall’autore, vogliono alcuni che fosse di sapere perché l’anime dannate mostrano di sapere le cose future, e le presenti non par che sappiano; la qual cosa gli mostra appresso messer Farinata. Ma io non so perché questo disiderio gli si dovesse esser venuto, conciosiacosaché niun altro vaticinio per ancora avesse udito se non quello che detto glj fu da Ciacco; salvo se dir non volessimo essergli nato da questo, che Ciacco gli disse le cose future, e Filippo Argenti noi conobbe, essendo egli presente: ma questa non pare assai conveniente cagione da doverlo aver fatto dubitare, conciosiacosaché, come Ciacco il vide, il conoscesse, come davanti appare; e però, che che altri si dica, 10 non discerno assai bene qual si potesse essere quel disio, 11 quale Virgilio dice qui che l’autor gli tace. «Ed io: — Buon duca, non tegno nascosto A te mio dir, se non per dicer poco», per non noiarti col troppo; «E tu m’hai non pur mò a ciò disposto», — ammonendomi di non dir troppo. — «O tosco, che per la cittá». Qui comincia la terza parte del presente canto, nella quale con alcune dell’anime dannate