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permette a queste furie, quantunque sue nemiche sieno, l’adoperare contra di noi; per la qual cosa, per opera di quelle, le tempeste, le fami, le mortalitá e le guerre vengono sopra di noi. E per questa cosi fatta permissione si posson dire essere e star davanti a Giove e al servigio suo.] [Appresso è da vedere quel che volesser gli antichi per li nomi di queste furie sentire: e però la prima, la quale è chiamata Aletto, secondo che a Fulgenzio piace, non vuole altro dire che «senza riposo», accioché per questo s’intenda ogni furioso atto prender principio dal continuo e noioso stimolo, il quale l’animo nostro riposar non lascia, quando in perturbazione alcuna caduti siamo di cosa la quale appetisca vendetta. La seconda è chiamata Tesifone, la quale, si come Fulgenzio medesimo dice, è detta cosi, quasi dicessimo «tri/onphones», il che in latino viene a dire «voce d’ira»; la qual voce d’ira dobbiamo intendere esser quella, la quale l’animo perturbato e inquietato, con contumelia e vituperio di chi è cagione della sua perturbazione, manda fuori, come sono le villanie le quali gli adirati si dicono insieme. La terza è chiamata Megera, e, secondo che ancora Fulgenzio dice, questo nome vien tanto a dire, quanto «gran litigio»; per lo quale dobbiamo intendere le vendette, l’uccisioni e le guerre, nelle quali si dimostrano le contenzioni grandi e pericolose e piene d’impeti furiosi e di danni inestimabili. E cosi della perturbazion presa non giustamente séguita o nasce l’inquietudine dell’animo; e dalla inquietudine dell’animo si viene ne’ romori e nelle obiurgazioni; e da’ romori si viene nella zuffa e nelle morti e nelle guerre e in ostinati odii.] [Oltre a questi principali nomi, son chiamate appo quegli d’inferno, cioè appo gli uomini di bassa e infima condizione, «cani»; perciocbé, pervegnendo essi, o per ingiuria o per altra cagione che ricevano o paia loro ricevere non giustamente, in perturbazione, similmente, per desiderio di vendetta, sono da rabbiosi pensieri angosciati nell’animo; e, non potendo ad altro atto di vendetta procedere, furiosamente gridando, abbaiano come fanno i cani, li quali contro a’ lor maggiori niuna altra cosa adoperano che l’abbaiare.]